Nessun sipario apre la scena nella sala completamente trasformata: gli spettatori seduti sul palco (anch’esso tramutato in uno spazio semicircolare – kòilon in greco– che man mano digrada verso il basso con le sedie al posto dei marmorei gradini) che si affaccia sulla scena (skenè) che comprende anche l’Orchestra nella quale l’antico Coro eseguiva canti e danze. Già questo trasforma la percezione di chi osserva tra il gioco di luci, ombre e proiezioni che nei loro diversi colori accompagnano il viaggio di chi è seduto.
Non sfuggono le vesti e gli oggetti dal forte valore simbolico: come la morte e la vita che giocano la loro danza tra un velo bianco e uno nero. Molteplici i messaggi custoditi, elaborati e riconsegnati dagli attori generatori di
dettagli espressivi che in un crescendo si uniscono a quelli degli altri e di immobile presenza. La potenza delle voci che diventano lamento, i movimenti dei corpi carichi di frastuono che cedono all’incombere del destino, sullo sfondo un uomo in attesa della sua parola narrante e intorno alla scena le voci del Coro Incanto che amplificano le emozioni che dalla skenè arrivano nel più alto gradino del kòilon.
Chiude la scena la morte ineluttabile ma al contempo vittoriosa di Antigone: simbolo del suo accadere il grande telo nero che la copre insieme alla sorella Ismene che, nel suo soccombere alle leggi terrene, esalta le gesta dell’eroina.
A conclusione dello spettacolo il regista Pino di Buduo (che presto ci parlerà del suo rapporto con l’Abbazia e i suoi spazi) ha ringraziato, tra gli altri, il P. Priore Dome Eugenio Gargiulo, seduto con la comunità benedettina in prima fila, per l’ospitalità e l’accoglienza.
Il cast italiano e polacco era composto da:
Antigone: Nathalie Mentha
Creonte: Marcus Acauan
Ismene: Irene Rossi
Guardia: Zsofia Gulyas
Tiresia: Aleksandra Ślusarczyk
Emone: Evanthi Athanasiadi
Narratore: Giovanni Di Lonardo
Composizione musicale: Daniel Jacewicz
Arrangiamenti musicali: Aleksandra Ślusarczyk
Luci, scene e proiezioni: Pino Di Buduo
Assistente per la scenografia: Hector Gustavo Riondet
Tecnica: Konrad Bartoszewicz
Consulenza scene, ideazione e realizzazione costumi: Denise Lupi
Chitarra: Daniel Jacewicz
Pianoforte: Szymon Wójcinski
Percussioni: Marcus Acauan.
Con la partecipazione del Coro Incanto di Fara Sabina diretto dal Maestro Giorgio Paris.
Il Teatro Potlach è un faro per il teatro sperimentale internazionale, fondato nel 1976 da Pino Di Buduo e Daniela Regnoli, e da Nathalie Mentha che si unisce al gruppo nel 1979, da allora i tre costituiscono la colonna portante di tutte le produzioni e i progetti di formazione realizzati.
Marco Fraschetti
La visione artistica del Regista e Direttore della Compagnia Pino Di Buduo ha una netta connotazione nel sogno onirico che si esprime con chiare ispirazioni al cinema, ai poemi storici e gli scrittori come ad esempio il progetto “Città Invisibili” ispirato dal libro di Italo Calvino, un progetto spettacolo realizzato in molti paesi nel Mondo; un evento interdisciplinare che mette in diretta comunicazione gli attori del teatro e le realtà artistiche locali che di volta in volta ospitano l’evento. Compagnie come il Potlach sono messaggeri di quello che l’Italia può esprimere sul piano Culturale e Artistico.
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